RESILIENZA EDUCATIVA
En plein air

Il grande mappamondo che si trova nel giardino della scuola all’aria aperta di Suresne, poco lontano da Parigi, è stato ripulito e colorato di fresco. È ora però solo un monumento.

Quello che non c’è più è la rampa sulla quale i bambini si arrampicavano per fare il giro del mondo e toccare continenti, nazioni, mari e montagne, insomma imparare la geografia. Quella rampa è il simbolo dell’idea di apprendimento che in quel luogo si sperimentava. La scuola di Suresne è una delle storiche scuole all’aria aperta, inaugurata nel novembre 1935.

Accoglieva studenti in fasce d’età, ma la divisione non era comunque vincolante poiché i ragazzi venivano raggruppati anche per le loro capacità d’apprendimento. Nelle aule i bambini erano in gruppi al massimo di 20 e le classi erano miste, fatto eccezionale per l’epoca. Le lezioni si svolgevano dalle 8.00-8.30 del mattino, orario in cui lo scuolabus passava a prenderli alle loro case, fino alle 17.30-18.00 al momento del ritorno. I corsi venivano svolti all’interno della struttura, i bagni di sole sul tetto-terrazza e le lezioni all’aria aperta nella vicina classe de verdure.
La scuola accoglieva 211 bambini malnutriti e in precarie condizioni di salute, alcuni pre-tubercolotici.

La classe de verdure era un’area adiacente a ciascun padiglione delimitata da arbusti di tasso e utilizzata per le lezioni en plein air.

Le lezioni non seguivano un programma prestabilito ma erano adattate alle capacità d’attenzione e di studio, gli insegnanti proponevano nuove attività ogni volta che i bambini risultavano affaticati: se le lezioni erano troppo lunghe venivano interrotte per riposarsi, svagarsi coi giochi o la ginnastica.
Al mattino gli studenti venivano accolti con una colazione, poi il pranzo ed un terzo repas era alla merenda. Tre pasti garantiti al giorno era fatto eccezionale per l’epoca; essi vennero garantiti anche negli anni di carestia generale della Seconda Guerra Mondiale.
Anche l’igiene e la pulizia rientrava nel programma di cura rivolto ai bambini, essi ogni giorno si lavavano nelle docce situate nell’edificio principale.

La maggior parte della popolazione di Suresnes era operaia e l’abitudine dei bambini a mangiar bene ed essere circondati da attenzioni in un contesto quasi idilliaco produsse qualche perplessità: si dubitava sul loro futuro, se le cose insegnate potessero garantire un avvenire concreto ed un lavoro, sul fatto che abituarsi ad un environnement de lux non fosse in qualche modo sbagliato.
Oggi le condizioni di conservazione della scuola sono in alcune sue parti buone, in altre no: il cambio di destinazione d’uso del complesso ne ha garantito la sopravvivenza.

Anche in Italia il movimento delle scuole all’aria aperta è stato presente fin dai primi anni del Novecento. Giacomo Kihlgren nella sua tesi magistrale Le scuole all’aria aperta ne ricorda a Milano (4), a Padova (3), a Bologna (3), a Roma (2), a Bergamo (1), poche rispetto agli altri paesi europei.
Mi piace qui citare insieme a lui Rousseau: “La migliore scuola è all’ombra di un albero”.

Si sperimentava anche da noi una pedagogia basata sulla flessibilità dell’orario di lezione in base alle capacità di concentrazione d’ogni alunno, su uno svolgimento dei corsi libero di essere modificato per venire incontro alle esigenze dei ragazzi. Il Fascismo impose una forma pedagogica differente e la nostra scuola ha ancora molto, troppo di Giovanni Gentile.

Fra le 95 tesi degli studenti torinesi di Rinascimento Studentesco ne ho trovato almeno cinque che fanno cenno direttamente o indirettamente agli spazi esterni all’edificio scolastico e al suo uso-non uso:

  • Integrare sistematicamente i programmi, diminuendo la frontalità delle lezioni, con gite scolastiche, musei e conferenze
  • Garantire uno spazio all’aperto come cortili o giardini dove fare la ricreazione e anche le lezioni nella bella stagione
  • Nel cortile scolastico dev’essere presente uno spazio per il parcheggio di biciclette, monopattini….
  • Promuovere accordi tra comuni e scuole affinché parchi e giardini vengano attrezzati e messi in sicurezza e omologati per lo svolgimento dell’educazione fisica.
  • La scuola deve costituire un presidio permanente nel quartiere di riferimento, che possa accogliere gli studenti anche durante il pomeriggio tramite laboratori, corsi, eventi, mostre, spazi di incontro e scambio tra studenti e docenti.

Cortili e giardini, piccoli prati e semplici aiuole sono spesso semplici ornamenti rispetto all’edificio all’interno del quale si insegna e si impara. E in questi mesi di strana scuola ho visto molti studenti accampati davanti ai cancelli a simulare una occupazione del fuori.
Forse è un segno che occorre occupare nuovi spazi fisici per l’apprendimento.
Bisogna impadronirsi di tutti gli spazi esterni delle scuole, adattarli all’apprendimento, riprogettarli per le attività didattiche, non solo per il movimento, ma legati a tutte le discipline.
Più spazio per l’apprendimento, nuovi modi di apprendimento.

Le foto presenti nel testo sono tratte da: https://fr.wikipedia.org/wiki/%C3%89cole_de_plein_air_de_Suresnes

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.