Cambiare l’Europa. Ma in quale direzione?
Di Maio e Di Battista lavoreranno assieme per preparare la campagna elettorale del M5s in vista delle elezioni europee di Maggio. In realtà avevamo avuto l’impressione che le elezioni europee fossero già da tempo in cima ai pensieri del leader grillino, fin da quando aveva dichiarato di voler accelerare i tempi dell’approvazione del decreto attuativo del reddito di cittadinanza affinché potesse incominciare ad elargirlo, sono sue parole, prima di Maggio.
Per entrare in argomento, una settimana fa Di Maio e Di Battista hanno deciso di fare insieme un viaggio nel cuore dell’Europa, dove ha sede l’Europarlamento. Un pulmino grigio partito da Milano alla volta di Strasburgo, alla guida Di Maio, è stato il protagonista di una serie di dirette Fb. I dioscuri pentastellati hanno percorso 500 km vestendo i panni di semplici turisti, allo scopo di registrare e trasmettere alcuni spot con cui lanciare la corsa del loro movimento alle elezioni europee. Il loro fare, a giudicare da quanto si è visto sui social e alle televisioni, era molto divertito, ma le cose che hanno detto non avevano nulla di divertente. Parlando davanti alla sede del Parlamento di Strasburgo, in una delle dirette Fb, lo hanno definito “una marchetta alla Francia”, aggiungendo: “Quella sede del Parlamento europeo va chiusa prima possibile. Non è solo uno spreco ma il simbolo dell’arroganza di chi viene a rompere le scatole a noi mentre altri paesi come la Francia possono fare quel che gli pare”. È a tutti evidente quanto di preoccupante vi sia in queste frasi, pronunciate non da un turista qualsiasi ma da un vice primo ministro di un paese democratico, che come primo dovere politico ha quello di rispettare le istituzioni della democrazia, anche quando è sua convinzione che debbano essere modificate.
Al di là della forma, qual è la sostanza delle battute di Di Maio e Di Battista sul parlamento europeo?
Veramente ritengono che sia un problema importante abolire la sede di Strasburgo e lasciare solo quella di Bruxelles?
Non è la prima volta che Di Maio e Di Battista prendono a pretesto problemi anche veri (come la necessità di ridurre gli sprechi), ma secondari, per affermare una visione di società che con un ossimoro i politologi chiamano democrazia illiberale (in termini più semplici: uno stato autoritario). E per far accettare una tale visione si cerca in primo luogo di diffondere il convincimento che il Parlamento non serve (luogo di sprechi e di arroganza).
C’è da aspettarsi che più avanti, proseguendo la campagna elettorale, Di Maio e Di Battista ci diranno, sempre con aria divertita, che non solo le sedi del Parlamento bisogna ridurre, ma anche le sue funzioni e, in generale, le funzioni della stessa Unione. Hanno già introdotto questo tema in un’altra diretta Fb trasmessa durante il viaggio: “andiamo a Strasburgo in van per cambiare l’UE … Il M5s farà cambiare i trattati UE per permettere all’Italia di realizzare, il prossimo anno, una nuova manovra in deficit”.
Le dichiarazioni che Di Maio e Di Battista hanno fatto nel corso del loro viaggio in Europa meritano attenta considerazione, perché ci fanno capire quale sarà la linea politica del M5s e della Lega nei prossimi mesi. È chiaro che per realizzare le promesse che hanno consentito a M5s e Lega di acquisire un enorme consenso popolare ci vogliono un mucchio di quattrini (gli esperti concordano su una cifra tra i 70 e i 90 miliardi). Nella manovra 2019 ne hanno potuto mettere appena 16, ovvero circa un quinto. Sappiamo tutti quanto lunghe e difficili sono state le trattative con la Commissione europea per evitare la procedura di infrazione per “debito eccessivo”. E tuttavia i miliardi messi nella manovra sono a mala pena sufficienti per partire. Dove prenderanno i soldi per andare avanti nei prossimi anni? Potrebbero aumentare le tasse (e certamente un po’ lo faranno), ma loro, nell’accordo di governo, hanno messo per iscritto che le ridurranno. E poi, mettere tasse sarebbe troppo impopolare. Resta una sola via di uscita: fare “una nuova manovra in deficit” (cioè continuare a spendere soldi che non si hanno).
Ma l’Europa lo consentirà?
Di Maio e Di Battista hanno già risposto a questo interrogativo: andranno a Strasburgo “per cambiare l’Europa”.
Cambiare l’Europa è una frase che sentiremo spesso nel corso della imminente campagna elettorale. Tutti vogliono cambiare l’Europa. Ma non per tutti questa frase ha lo stesso significato. La distinzione è tra europeisti convinti ed europeisti scettici.
Gli europeisti convinti sono per dare più poteri al Parlamento europeo e in prospettiva costituire gli Stati Uniti d’Europa.
Gli europeisti scettici puntano a restituire buona parte dei poteri che oggi ha l’Europa (anche se sono pochi) ai singoli stati sovrani. Le frange più estreme degli scettici vorrebbero addirittura chiudere l’esperienza stessa dell’UE (e dell’euro).
Le due forze populiste e sovraniste al governo in Italia sono più vicine agli euroscettici. Anche perché (tra le varie ragioni) un’Europa con minori poteri non avrà l’autorità necessaria per impedire che si facciano manovre in deficit (come desiderano i nostri governanti).
Ma una Europa con minori poteri avrà anche minori possibilità di costituire un ombrello protettivo quando per i singoli paesi dell’Unione o per l’Unione nel suo complesso si presentassero seri problemi da affrontare. Si potrebbero fare molti esempi. Prendiamone uno piuttosto recente. Ricordiamo tutti il caso della Grecia, un paese che nel 2014 era in crisi economica irreversibile, praticamente fallito. È stata l’Europa a tirarla fuori, con prestiti per circa 300 miliardi di euro, concessi a dure condizioni ma concessi. Ora, grazie alle manovre rigoriste imposte dalla Troika, la Grecia è tornata ad essere un paese che guarda a un possibile futuro di crescita e di nuovo benessere.
Insomma, siamo proprio sicuri che quella di cambiare l’Europa riducendone piuttosto che aumentandone i poteri sia la scelta politica migliore? Specie in un mondo globalizzato in cui la fanno da padroni i grandi colossi economici come la Cina e gli USA?
Il buon senso suggerisce di rispondere NO, non facciamo deperire l’UE.
A supporto di questa considerazione, possiamo concludere con un altro esempio, che ci riguarda più da vicino: la vicenda dell’accoglienza e ricollocazione dei migranti. Questo tema è regolato, dal gennaio 2014, dall’Accordo siglato a Dublino tra i 28 stati membri del’UE. Prevede che i migranti vengano registrati e identificati nel paese di “primo approdo” e poi “redistribuiti” (in base ad alcuni criteri ben definiti) tra gli altri paesi membri. Alcuni paesi dell’UE, in particolare il cosiddetto gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) si sono sempre rifiutati di applicare l’accordo (e le sue varie successive modifiche) per quanto riguarda la redistribuzione dei migranti. Di fatto i migranti ricollocati dall’Italia negli altri paesi membri sono stati, fino al 2017, circa 13.000, ma nei paesi del gruppo di Visegrad zero. Contro questi paesi, per il fatto di non aver recepito l’Accordo, nel giugno del 2017 la Commissione UE ha avviato una procedura di infrazione. Ma i sovrani e sovranisti governi di Visegrad non hanno cambiato posizione (ricevendo anche, incredibilmente, l’appoggio della Lega di Salvini).
Il giornalista Sergio Rizzo, su la Repubblica del 15 01 2019, esprime il seguente parere (che condividiamo pienamente): “Se come tutti dicono davvero si vuole cambiare l’Unione Europa, e non ucciderla, bisogna dare poteri veri all’europarlamento, per riavvicinare i cittadini europei alle istituzioni comuni”.
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