Per una opposizione resiliente

Ma che cosa significa concretamente fare opposizione, in linea con un atteggiamento resiliente, a un governo che persegue modelli di democrazia illiberale?

Nella metafora della resilienza non entra solo in gioco la capacità di resistere alle difficoltà, entra anche in gioco l’impegno ad operare un cambiamento.
Applicando (come nel nostro caso) il costrutto della resilienza all’attività sociale e, in tale ambito, operando in una prospettiva politica di sinistra, l’orientamento non può che essere nella direzione di un superamento dello status quo. Adoperarsi affinché ci sia spazio per una rappresentazione della politica diversa da quella che viene data da coloro che sono ora al governo. Favorire il passaggio da una rappresentazione che mette al centro l’IO (identità separate, con le proprie paure ed i propri egoismi) ad una rappresentazione che mette al centro il NOI (persone che si sentono cittadini come tutti gli altri, accomunati da diritti e doveri reciproci). Da una politica che può essere riassunta con la parola protezione ad una politica che può essere riassunta con la parola solidarietà.

Fare opposizione pertanto significa:
Nel breve termine, combattere la retorica del “governo del cambiamento”, disvelandone la vera natura. Lo si può fare a partire da una analisi delle modalità operative che vengono messe in atto, man mano che esse emergono. Ad esempio, nel caso del crollo del ponte di Genova è emersa una modalità operativa che sul giornale La Stampa il politologo Giovanni Orsina ha spiegato consistere in tre passaggi, così sintetizzabili: risposte immediate (anche quando la complessità del problema consiglierebbe una certa cautela); individuazione di responsabili, per ogni cosa che non va, per farne dei capri espiatori (a prescindere dal fatto che siano realmente responsabili); assoluta sovranità della politica (che, legittimata dal voto popolare, può fare a meno di rispettare qualsiasi altra istanza: giuridica, economica ecc.). È evidente che questo schema operativo non rappresenta una buona pratica politica all’interno di un sistema democratico e di per sé non garantisce nulla: le risposte che tengono solo conto delle emotività sono quelle che più spesso si rivelano le meno adeguate; indicare dei responsabili senza aver fatto opportuni accertamenti può ostacolare la ricerca delle vere responsabilità; fare giustizia senza rispettare i tempi e i modi della giustizia, oltre a non essere previsto in democrazia, crea più problemi di quanti apparentemente non ne risolva e mette su una via che può condurre dritti dritti all’autoritarismo. Fare opposizione al “governo del cambiamento” significa dunque, in prima battuta, questo: impegnarsi a capire la realtà sociale e politica nella quale viviamo per divenire sempre più consapevoli  dell’inadeguatezza della politica populista nel dare risposte ai problemi reali.

Nel lungo termine  significa portare avanti  la ricerca di vie nuove, all’interno di un sistema di democrazia liberale, per realizzare i grandi obiettivi che ancora oggi, come ci ricorda Giddens, danno significato all’espressione “essere di sinistra”.

Non una opposizione purché sia, quindi. Ma una opposizione impegnata nella costruzione di una politica nuova che, senza rinnegare il passato, recente e meno recente, individui ciò che oggi serve a questo paese per andare avanti, e trasformi così una avversità in una formidabile occasione.

Parametri che potrebbero orientare la riflessione e la ricerca per contribuire alla costruzione della nuova politica:

CONOSCENZA COMPETENZA VERITÀ VS IGNORANZA E FAKE NEWS

CITTADINANZA E INTERESSE NAZIONALE  VS  IDENTITÀ

DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA  VS  DEMOCRAZIA ILLIBERALE

PIENA OCCUPAZIONE  VS  ASSISTENZIALISMO

EUROPA  VS  SOVRANISMO

IMMIGRAZIONE COMPATIBILE  VS  MANDIAMOLI TUTTI VIA

DIALOGO INTERRELIGIOSO VS INTEGRALISMO E FONDAMENTALISMO

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