Dove sta andando la Chiesa di papa Francesco? -prima parte-

Prima di rispondere chiediamoci da dove arriva la Chiesa di papa Francesco. Essa proviene dalla gestione dei due pontifici precedenti, che l’hanno inchiodata ad una pratica evangelica la quale è attinente non al Concilio Vaticano II, accettato a parole e solo parzialmente nelle parti di compromesso, ma al periodo costantiniano e al paradigma ecclesiastico medievale. Il primo è stato il pontificato di Giovanni Paolo II, dal 1978 al 2005, il secondo di Benedetto XVI dal 2005 al 2013: per 35 anni la Chiesa cattolica è stata diretta autorevolmente da questi due papi in modo da favorire un ricambio quanto mai rapido (alcune volte accelerato con gli interventi censori) dei vescovi e teologi più innovativi e rappresentativi del Concilio Vaticano II, in modo tale che la curia di Roma e gli attuali circa 5000 vescovi sparsi per il mondo garantissero una sostanziale adesione acritica alla visione apostolica dei papi regnanti.  Queste nostre affermazioni particolarmente severe nei confronti dei due papi possono trovare conferme verificabili e prove ben fondate nell’eccellente libro del teologo Hans Kung, “Una battaglia lunga una vita” Bur, testo che ogni cattolico serio dovrebbe leggere, almeno una volta, per poter conoscere e confrontarsi anche con il lato oscuro della sua Chiesa.

Già sotto Woytila scoppia lo scandalo della pedofilia nel clero cattolico, scandalo che prosegue durante il successivo pontificato finche, non dimentichiamolo, Benedetto XVI, logorato nel fisico e nella psiche, decide che non ha più la forza di proseguire. In quel momento, secondo noi, Benedetto XVI si è dimostrato una persona coraggiosa e al servizio disinteressato della Chiesa: di fronte al mondo intero ha ammesso la sua incapacità ed ha preferito essere sostituito. Eppure, per 35 lunghissimi anni, egli e papa Woytila hanno selezionato attentamente e controllato un clero che, negli uomini e nelle idee, veniva formandosi – in larghi settori – a loro immagine e somiglianza (qui non scriveremo del modello di cristiano che i due papi hanno proposto ai fedeli). Conclusione riguardante il luogo di origine della Chiesa di Francesco: la sua provenienza è proprio questa tipologia di clero, che papa Bergoglio ha dovuto necessariamente ereditare, un clero che, in una sua parte non trascurabile, è caratterizzato dal conservatorismo preconciliare.

Oggi possiamo identificare, all’ interno della Chiesa, tre fronti ostili nei riguardi dell’attuale Papa: uno, quello dei religiosi (anche in posizioni importanti nella curia romana, fra i cardinali e nunzi) che non condividono le scelte del Papa, senza tuttavia dichiararlo apertamente e con visibilità, quindi possiamo definirli “tradizionalisti nascosti”, che remano contro e si contrappongono alle indicazioni di Francesco, ma formalmente (ed ipocritamente secondo noi) lo riconoscono come loro guida e pastore; quello dei cattolici tradizionalisti tout-court (laici e clero), che invece rivendicano esplicitamente, anche se con posizioni non proprio identiche, un cambiamento radicale nel messaggio religioso, alcuni addirittura la destituzione dell’attuale vescovo di Roma perché eretico; infine, terzo fronte più numeroso ma non organizzato, quella parte del popolo dei fedeli (fedeli all’acqua di rose, scarsamente praticanti e solo di facciata) che, innanzitutto col voto a Salvini, ha espresso il suo dissenso nei confronti di Francesco.
Ci interessa approfondire proprio la visione socio-culturale di questa terza componente, la quale, a nostro parere, è caratterizzata soprattutto dal timore dell’immigrazione, immigrazione a maggioranza musulmana (almeno nella percezione collettiva). Si capisce allora che il binomio “Immigrato-Islam” appare strettamente unito agli occhi di costoro e, conseguentemente, la paura per il forestiero si accompagna a quella nei confronti della religione a lui attribuita. Questi cattolici del ”sono stato battezzato” (vedi su questo blog articolo del 18 luglio “I cattolici? Quali?”) sentono come distanti, se non opposte ai loro interessi e desideri, le due azioni che stanno caratterizzando da tempo la pratica e la parola di Papa Francesco, cioè l’invito a costruire i ponti per i migranti accompagnato dalla mano tesa verso l’Islam. L’allarme, agitato sapientemente dall’attuale governo, di una invasione  che già in quanto tale metterebbe in difficoltà la nostra economia, ma ancor di più perchè caratterizzata dalla diversità socio-culturale minacciosa che accompagna il termine “islamico” (per opera della disinformazione di organi di stampa e di comunicazione, anche insospettabili come Radio Maria – vedi la Seconda parte), questo allarme costituisce la principale motivazione della scelta politica dei cattolici del “sono stato battezzato”, indifferenti invece  sia al tema della comunione ai divorziati e altri simili sia a quello del cambio della gestione dell’Istituto Giovanni Paolo II, tutte questioni per loro troppo specifiche e particolari, distanti dalla loro mentalità e senza alcun interesse per la loro vita.

Davanti a questo scenario crediamo che l’azione futura di papa Francesco continuerà e dovrà continuare ad insistere sulla necessità di affrontare l’emergenza epocale che stiamo vivendo: l’immigrazione di massa e l’incontro tra religioni e modo di pensare (vedi il Documento sulla fratellanza umana) alla luce della sua interpretazione del Vangelo e non di egoismi, particolarismi, interessi di gruppi; ed il Vangelo, nella lettura fatta da papa Francesco, non lascia dubbi: i cristiani devono impegnarsi per creare ponti e fratellanza. La contrapposizione con i fedeli e il clero attualmente sordi su questi temi sarà destinata a permanere e a crescere finchè papa Francesco continuerà a servire la Chiesa, ed è bene che sia così, anche quando dovesse giungere ad una rottura che a noi sembra inevitabile e necessaria. I ponti e la fratellanza restano, anche per i non credenti e per le persone di altre fedi, la risposta più corretta alla crisi in termini di obiettivo finale, il quale avrà tuttavia bisogno di mediazioni ed articolazioni che solo una politica lungimirante di un governo all’altezza di tale compito può sviluppare.

Un problema, marginale rispetto a questi temi, è rappresentato in questi giorni dal caso della “ristrutturazione” dell’Istituto Giovanni Paolo II. Esso è stato fondato nel 1981 dal papa Woytila per poter diventare il centro di una visione integralista e fondamentalista del matrimonio e della vita famigliare. I nostri lettori possono farsene una idea se leggono gli articoli a difesa (anch’essi illuminanti, loro malgrado, nel rivelare l’approccio ideologico e fazioso di alcuni insegnamenti dell’Istituto). Quindi invitiamo a consultare il blog c4dem.it,  dove trovate una raccolta di articoli –soprattutto quello del teologo Andrea Grillo- che spiegano appunto, in maniera esauriente, che cosa era diventato il famoso Istituto Giovanni Paolo II e come era gestito, con le voci favorevoli e contrarie.

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