Papa Francesco e l’eutanasia

Alcuni giorni fa Papa Francesco ha criticato fermamente le proposte di legge per il fine vita, durante l’udienza in Vaticano ai membri del Centro Studi “Rosario Livatino”, associazione di giuristi. Francesco è partito dalle osservazioni critiche del giudice assassinato dalla mafia, rivolte alla legislazione eventuale sul fine vita (siamo nell’ aprile del 1986) per poi sostenere che «Queste considerazioni (del giudice Livatino, ndr) sembrano distanti dalle sentenze che in tema di diritto alla vita vengono talora pronunciate nelle aule di giustizia, in Italia e in tanti ordinamenti democratici. Pronunce per le quali l’interesse principale di una persona disabile o anziana sarebbe quello di morire e non di essere curato; o che – secondo una giurisprudenza che si autodefinisce “creativa” – inventano un “diritto di morire” privo di qualsiasi fondamento giuridico e in questo modo affievoliscono gli sforzi per lenire il dolore e non abbandonare a sé stessa la persona che si avvia a concludere la propria esistenza”

Per quanto riguarda l’Italia questa valutazione non è esatta e vi invitiamo a fare riferimento al nostro articolo “Sulla scelta autonoma del fine vita”, alla legge 219 del dicembre del 2017 e all’interessante testo ”Una modesta proposta per non fallire” del Gruppo Cure palliative e terapia del dolore dell’Ordine degli psicologi del Lazio. “Lenire il dolore e non abbandonare a se stessa la persona” è proprio il principale obiettivo di coloro che sostengono la scelta autonoma del fine vita.

Papa Francesco riesce a mostrare molto spesso il comportamento del cristiano ed è ammirevole in ciò mentre quando vuole dimostrare la dottrina del cristiano allora ripropone l’immagine deformata del Vangelo attraverso il Catechismo e l’ideologia dei suoi predecessori. Papa Francesco resta infatti il Papa della Chiesa Cattolica Romana: egli rimane testimone sincero e in buona fede del suo Maestro ma contemporaneamente è il portavoce di una dottrina ancora profondamente radicata nella logica del potere e della teologia del medioevo. La Chiesa Cattolica ha impiegato quasi millecinquecento anni (dall’anno 380 – cristianesimo proclamato religione ufficiale dell’Impero Romano col divieto di praticare altre fedi – fino al 1965 – la “Dignitatis Humanae” col riconoscimento del diritto “naturale” alla libertà di scegliere un proprio culto –vedere i nostri articoli sul tema) per accettare il principio della libertà religiosa; ancora oggi sui temi della sessualità e del ruolo della donna la Gerarchia di Roma è rimasta ad Agostino. I tempi di attesa per un mutamento ufficiale sono lunghi (anche se nel pensiero di una parte del clero il cambiamento è già in atto) e neppure Francesco è in grado di affrettarli.  

Vogliamo ricordare Papa Francesco quando ci mostra il comportamento del cristiano, quando abbraccia il fratello musulmano, quando si inchina di fronte ai governanti pur di salvare vite umane, quando viaggia per i continenti richiamando tutti all’attenzione verso gli ultimi. Vogliamo ricordare Francesco che chiede, il 23 maggio del 2019 a diversi ambasciatori di tutto il mondo, riuniti in Vaticano per presentare le Lettere Credenziali, di rilanciare il “dialogo, la comprensione, la diffusione della cultura della tolleranza, dell’accettazione dell’altro e della convivenza tra gli esseri umani come strumenti per contribuire notevolmente a ridurre molti problemi economici, sociali, politici e ambientali che assediano gran parte del genere umano“.

Sui diritti civili siamo invece in sintonia col teologo cattolico Hans Kung di cui commenteremo a breve il libro “Morire felici. Lasciare la vita senza paura”.

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