Realizzare l’incontro tra le diverse culture – seconda parte

SECONDA PARTE

Nel settimo colloquio, edito dal prof. Khoury, l’imperatore tocca il tema della jihad, della guerra santa. Sicuramente l’imperatore sapeva che nella sura 2, 256 si legge: “Nessuna costrizione nelle cose di fede”. È una delle sure del periodo iniziale, dicono gli esperti, in cui Maometto stesso era ancora senza potere e minacciato. Ma, naturalmente, l’imperatore conosceva anche le disposizioni, sviluppate successivamente e fissate nel Corano, circa la guerra santa. Senza soffermarsi sui particolari, come la differenza di trattamento tra coloro che possiedono il “Libro” e gli “increduli”, egli, in modo sorprendentemente brusco che ci stupisce, si rivolge al suo interlocutore semplicemente con la domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo: “Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava”. L’imperatore, dopo essersi pronunciato in modo così pesante, spiega poi minuziosamente le ragioni per cui la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole.” http://www.millepiani.net/archives/2006/09/17/con_urgente_attenzione_e_neces_2.htm

E’ molto difficile trovare, perfino su Internet, questo testo, cioè quello che il papa Benedetto XVI ha letto nell’università di Ratisbona quel lontano 12 settembre 2006. Oramai si può leggere con facilità soltanto la versione ufficiale del Vaticano, modificata qualche giorno dopo la lettura e soprattutto dopo le manifestazioni del mondo islamico (http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2006/september/documents/hf_ben-xvi_spe_20060912_university-regensburg.html )

Esaminiamo ora la seconda osservazione critica di papa Benedetto XVI “…egli, in modo sorprendentemente brusco che ci stupisce, si rivolge al suo interlocutore semplicemente con la domanda centrale…”. Il Papa afferma che Manuele Paleologo pone una domanda, quella più importante, quella che costituirà poi lo sviluppo successivo dell’argomentazione di Benedetto XVI, “in modo sorprendentemente brusco, che ci stupisce”. Cosa vuol dire? Nel dizionario d’italiano Sabatini-Colletti “brusco” viene definito come “sgarbato, burbero, severo” oppure come “improvviso, inatteso”. Quindi possiamo pensare che “il modo sorprendentemente brusco” significhi che Manuele Paleologo, in forma severa, con poco tatto, in maniera secca – tanto che il Papa si stupisce –  ha posto una domanda al suo interlocutore. Il contenuto di quella domanda non viene tuttavia preso in considerazione e ancora meno sottoposto a critica da parte del Papa. Oppure possiamo pensare che “il modo sorprendentemente brusco” significhi che all’improvviso, senza far precedere la sua domanda da introduzioni, premesse, chiarimenti vari, in maniera inattesa, così repentinamente che ci coglie impreparati a tale fatto (Benedetto XVI e noi), il sovrano bizantino pone la famosa domanda; anche in questo secondo caso il Papa non entra nel merito del contenuto della domanda e quindi non lo rifiuta. Ora, definire, da parte di Benedetto XVI, quella del sovrano bizantino una “domanda” vuol dire fare un torto a Manuele II: si tratta infatti di una falsa domanda, di una figura retorica usata per affermare il giudizio, chiaro, netto, senza sfumature (poco relativista e molto totalizzante) sulla religione islamica. Apparentemente Manuele Paleologo pone una domanda ma concretamente, linguisticamente, offre già la risposta: “…troverai solo delle cose cattive e disumane…”. E Benedetto XVI non è sobbalzato sulla sedia negando decisamente che questa valutazione dell’opera di Maometto è quantomeno di parte, che esprime un punto di vista almeno parziale e che oggi (ma anche ieri) non è più condivisibile, soprattutto considerando che il Papa stesso (non noi) aveva affermato il 2 settembre 2006 che la violenza non è attribuibile alla religione ma ad un suo uso distorto e che tutte le religioni, compreso l’Islam, registrano il legame tra l’Essere Assoluto e la morale dell’amore ( http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/letters/2006/documents/hf_ben-xvi_let_20060902_xx-incontro-assisi.htm ).

Niente di tutto ciò. Nessuna obiezione viene mossa nella Lezione Magistralis di Ratisbona. Se il dialogo voleva essere “franco e sincero” allora la sincerità del Papa è arrivata ad ammettere che il limite dell’espressione usata da Manuele II non sta nel contenuto, su cui il Papa non dimostra alcuna contrarietà né dissociazione. Ciò che “ci stupisce” (parafrasi: “ci lascia perplessi perché ci pare strano”), afferma il Papa, consiste nel fatto che “la domanda” è stata espressa in modo “brusco”, cioè in maniera troppo diretta e severa oppure senza essere preceduta da motivazioni o spiegazioni. Certo, scrive ancora il Papa, l’espressione usata è stata “pesante” (ma non dice “sbagliata” a meno che in tedesco “pesante” significhi “erroneo”), ora tuttavia basta aspettare perché successivamente Manuele Paleologo “spiega poi minuziosamente le ragioni per cui la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole”. E su queste spiegazioni dettagliate ci troviamo tutti d’accordo, almeno il Papa e noi. Non eravamo tuttavia partiti dal problema della violenza e della fede. Eravamo partiti Manuele Paleologo, Benedetto XVI e noi dalle “cose cattive e disumane” che sempre ha portato il messaggio del Profeta, dalla valutazione totalmente negativa espressa nei confronti di un’altra fede, valutazione che non è stata contestata in alcun modo (se la logica ha un senso ancora) da Benedetto XVI.

 Eppure il Papa era stato messo in guardia, almeno secondo alcuni osservatori, sull’importanza e delicatezza dell’argomento che avrebbe affrontato. In un articolo del 2015 (http://www.ilgiornale.it/news/politica/papa-ratzinger-laveva-previsto-fu-crocifisso-islamofobo-1082979.html ) il giornalista afferma: “So invece per certo che Benedetto XVI rispose no a chi gli chiese di espungere dal discorso le severe parole di Manuele II Paleologo su Maometto che ha portato al mondo «cose cattive e disumane» come la guerra santa. Riteneva falso un dialogo con l’islam che saltasse la questione dirimente della libertà “. Prendiamo per buona la notizia, ma, in merito a questo articolo, facciamo solo due precisazioni riguardanti la manipolazione delle informazioni: 1) il giornalista “dimentica” che la frase su cui si fonda il pensiero del Papa non riguarda “le cose cattive e disumane” portate da Maometto, ma riguarda un Maometto che ha portato “solo cose cattive e disumane”. C’è la stessa differenza tra il dire che la Bibbia ha prodotto “cose cattive e disumane” per opera dei suoi interpreti e delle istituzioni ecclesiali, come hanno riconosciuto gli ultimi tre papi, e dire invece che la Bibbia ha prodotto “solo cose cattive e disumane”. Non si sta facendo informazione ma propaganda che occulta elementi di realtà; 2) l’inizio dell’articolo sopracitato è il seguente: “Il Papa osservò che Maometto, dopo avere in gioventù ammesso la facoltà di scelta, una volta raggiunto il potere, impugnò la spada per convertire il prossimo.” Il giornalista forse non si è documentato. Forse continua ad usare la prima versione della lettura fatta all’Università di Ratisbona, come abbiamo spiegato nella PRIMA PARTE, versione immediatamente corretta dal Vaticano. In questo modo tuttavia ci conferma quale fosse la base storica del “dialogo franco e sincero”. Oppure, e sarebbe una aggravante, il giornalista ha usato la versione corretta per formulare un giudizio che, pur fondato sull’incertezza, interpreta a suo parere il pensiero del Papa.

Torniamo alla lettura del Papa a Ratisbona. Dopo pochi giorni il Vaticano pubblica il testo, diventato ufficiale, della Lezione magistralis. In esso abbiamo la sorpresa di notare un cambiamento/aggiustamento rispetto alla versione letta: “Senza soffermarsi sui particolari, come la differenza di trattamento tra coloro che possiedono il “Libro” e gli “increduli”, egli, in modo sorprendentemente brusco, brusco al punto da essere per noi inaccettabile, si rivolge al suo interlocutore semplicemente con la domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo: “Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava”. (http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2006/september/documents/hf_ben-xvi_spe_20060912_university-regensburg.html ).  Qui il Papa vuole certamente prendere le distanze dalla affermazione di Manuele II per poi sostenere in nota 3 del documento ufficiale: “Questa citazione, nel mondo musulmano, è stata presa purtroppo come espressione della mia posizione personale, suscitando così una comprensibile indignazione. Spero che il lettore del mio testo possa capire immediatamente che questa frase non esprime la mia valutazione personale di fronte al Corano, verso il quale ho il rispetto che è dovuto al libro sacro di una grande religione. Citando il testo dell’imperatore Manuele II intendevo unicamente evidenziare il rapporto essenziale tra fede e ragione. In questo punto sono d’accordo con Manuele II, senza però far mia la sua polemica.” Per prendere le distanze Benedetto XVI, che non vuole (o non può) cancellare la frase, aggiunge il suo rifiuto, la sua opposizione, la sua contestazione (“inaccettabile”) a che cosa? Alla “maniera brusca” con cui Michele ha formulato il suo pensiero.

Così torniamo al punto di partenza o quasi: “il modo brusco” che prima suscitava “stupore” ora viene disapprovato e ritenuto “inaccettabile”. E il contenuto, cioè ”le cose cattive e disumane”’, viene disapprovato? Nella nota 3, ma non nel testo, il Papa afferma che quella frase non esprime la sua “valutazione personale”, ma questa sua osservazione non corrisponde ad una lettura imparziale del testo, che, anche modificato, torna a riproporre una presa di distanza dal “modo brusco”, non dal contenuto calunnioso ed offensivo, talmente scorretto che secondo lo stesso Papa, la eventuale adesione alla falsa “domanda” di Manuele Paleologo giustificherebbe la comprensibile indignazione dei credenti nel Corano. Non abbiamo motivo di negare la sincerità del Papa quando afferma che ritiene il pensiero del sovrano bizantino sull’opera di Maometto non condivisibile e tale da suscitare una legittima riprovazione. Questo fatto tuttavia non spiega perché il Papa abbia preso le distanze da e abbia criticato il famoso “modo brusco” soltanto. Perché non ha scritto a chiare lettere che non era d’accordo e che riteneva inaccettabile la “domanda centrale”? Non possiamo sospettare che non sappia il significato delle parole che usa se pensa che condannare la forma con cui si esprime un pensiero significa condannarne anche il contenuto. Il giudizio su Maometto in se stesso era non solo brusco, ma profondamente sbagliato, ingiusto, indiscriminato nella condanna totale dell’opera del Profeta; che senso aveva usarlo come punto di partenza dei ragionamenti seguenti? Il Papa ha risposto così: “Solamente per questa affermazione (“non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio”) ho citato il dialogo tra Manuele e il suo interlocutore persiano. È in quest’affermazione che emerge il tema delle mie successive riflessioni”. Ma allora, se davvero l’intento fosse stato solo questo, era del tutto inutile ed insensato riportare quel giudizio.

Per terminare. Forse sarebbe stato interessante e più confacente ad un dialogo almeno riferire, anche sommariamente, la risposta del dotto persiano. Invece abbiamo assistito ad un monologo. Probabilmente è un limite della trascrizione fatta da Manuele Paleologo: ecco quindi un’altra, ulteriore indicazione da non seguire quando si vuole realizzare l’’incontro tra diverse culture e spiegare ai propri lettori l’altrui punto di vista”.

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