La strage di Christchurch

Rispondere al Programma dell’Odio con la Voce della Conoscenza e della Ragione

La strage di Christchurch è maturata in corrispondenza della crescita, sempre più preoccupante, della paura del “diverso”, diffusa non tra pochi, rari soggetti fortemente disturbati psicologicamente, ma fra interi settori della popolazione, paura che giunge fino al tentativo di eliminare dalla propria vista la causa del malessere. Un confronto ravvicinato con persone portatrici di culture, di usi, di costumi differenti può suscitare, a ragion maggiore se vengono fornite informazioni tendenziose (spesso mai completamente false, sarebbero più agevolmente smascherate, ma fortemente parziali), sgomento, e perfino ansia, non solo in singoli soggetti totalmente suggestionabili ma addirittura in interi gruppi di cittadini.

A noi interessa esaminare come nasce, si propaga e si amplifica il fenomeno della paura, osservandolo emergere nell’ incontro di uomini e donne di fedi differenti, in particolare in Europa.

Papa Francesco e l’Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb hanno fatto una proposta chiara nel loro Documento sulla Fratellanza: la paura irrazionale e la conseguente ostilità in ambito religioso si combattono con la ragione del dialogo, della conoscenza reciproca, della collaborazione.  La strage di Christchurch e quelle precedenti sono scaturite dall’intolleranza, alimentata dal panico, a sua volta generato dall’ignoranza ed è l’aspetto dell’ignoranza e della disinformazione che deve essere urgentemente affrontato.

Quindi la conoscenza reciproca – e non la diffidenza reciproca – deve essere incentivata perché essa serve a dissolvere i fantasmi cupi delle menti, ad abbassare le tensioni fra gli uomini, a far nascere empatia. Per non contribuire a potenziare i malintesi e gli equivoci, che potrebbero diventare poi l’incubatrice della paura e della sua compagna, la violenza, allorché qualcuno vuol parlare e descrivere una spiritualità poco nota come quella islamica oppure decide di iniziare il dialogo con un’altra religione, costui dovrebbe usare la massima accortezza nel riferire le caratteristiche, i pensieri, le opere attribuiti alla Fede altrui. Essere approssimativi o ancor peggio imprecisi e perfino scorretti su un tema delicato come quello religioso è tanto più grave quanto il ruolo e la funzione di chi si esprime è rilevante. Il rischio, al di là delle buone intenzioni, di aumentare la diffidenza nei confronti del “diverso”, in un periodo di instabilità sociale, di immigrazione, di difficoltà economiche, è molto alto.  

Sappiamo che esiste una interpretazione fondamentalista all’interno dell’Islam, la quale esclude il dialogo con le altre religioni nella presunzione di essere non solo l’unica vera fede ma anche e soprattutto di avere il diritto di imporla, intanto negando agli stessi musulmani il diritto di cambiare opinione (apostasia).

Il libro edito da Piemme: “I cristiani venuti dall’islam” fornisce interessanti informazione su come aiutare l’Islam moderato a combattere il fanatismo e la violenza al suo interno. La lettura del Corano fatta dall’autore della prefazione del libro, Samir Khalil Samir, gesuita egiziano, docente di storia della cultura araba e di islamologia al Pontificio Istituto Orientale di Roma, è fondamentale per mettere in pratica soprattutto la terza regola del Documento sulla Fratellanza di Abu Dhabi: adottare la conoscenza reciproca come metodo e criterio. “Il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi…La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani.”.

Questi concetti contenuti nel Documento sulla Fratellanza vanno ribaditi contro ogni tentativo di minimizzarli o di annullarli e ogni comunicazione, secondo noi, deve essere indirizzata al loro rafforzamento e alla loro diffusione, come indivisibile patrimonio della Comunità di Cristo e di quella di Maometto.
Una comunicazione “riuscita” ha, secondo noi, l’obiettivo di evitare che la disinformazione contribuisca alla crescita della paura, oltre che appoggiare le ragioni dell’Islam, nostro fratello nella sua e nostra lotta, soprattutto culturale, contro le aberrazioni dei fanatici integralisti.

In approfondimento, proponiamo un esempio di comunicazione “fallita”, perché ha incoraggiato il sospetto e l’incomprensione, malgrado le intenzione dell’autore, il Papa Emerito Benedetto XVI, che sicuramente avrebbe voluto un risultato e una accoglienza diversi.
(si veda in Categorie: Approfondimenti e documentazione di supporto, i testi: Realizzare l’incontro tra le diverse culture, Prima Parte e Seconda Parte)

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